TEORIA MONOAMINERGICA DELLA DEPRESSIONE PRINCIPALI FARMACI ANTIDEPRESSIVI


La principale teoria biochimica sulla depressione è rappresentata dall’ipotesi monoaminergica proposta da Schild-Kraut nel 1965, in base alla quale la depressione sarebbe determinata da un deficit funzionale dei neurotrasmettitori monoaminergici in alcune aree cerebrali, mentre la mania dipenderebbe da un’eccessiva funzionalità di questi sistemi.  Dewhurts (1985); Maes e Meltzer (1995), Schatzberg e Schildkraut (1995).

Tale ipotesi prese spunto da antichi studi sull’uso della reserpina come agente ipotensivo, un alcaloide derivato dall’arbusto Rauwolfia serpentina. La reserpina agisce sul sistema nervoso centrale impedendo l’immagazzinamento delle monoamine nelle vescicole sinaptiche, perciò la sua somministrazione diminuisce l’attività delle sinapsi monoaminergiche; nei pazienti ipertesi trattati con reserpina, infatti, si ­riscontrava un’alta percentuale di sintomi depressivi. In seguito, si osservò che nei pazienti affetti da depressione clinica il turn-over della serotonina è significativamente ridotto; anche la riduzione degli apporti alimentari di triptofano (un amminoacido precursore della serotonina) induce una ricaduta nei pazienti depressi.

L’ipotesi monoaminergica ha avuto origine dalla correlazione tra gli effetti clinici di vari farmaci che causano o alleviano i sintomi della depressione e i loro effetti neurochimici sulla trasmissione monoaminergica del cervello. Inizialmente l’ipotesi monoaminergica riguardava solo la noradrenalina, ma studi successivi dimostrarono anche un coinvolgimento della serotonina. I tentativi effettuati allo scopo di ottenere evidenze più dirette, cioè studiando il metabolismo delle monoamine in pazienti depressi o misurando le variazioni del numero dei recettori monoaminergici in cervelli post-mortem, hanno fornito risultati discordanti ed equivoci e quindi di difficile interpretazione.
Anche la valutazione mediante test funzionali dell’attività delle vie monoaminergiche conosciute (come quelle che controllano la liberazione degli ormoni da parte dell’ipofisi) nei pazienti depressi, ha fornito risultato equivoci.

Sintesi della Serotonina da L-Triptofano
L’ ipotesi monaminergica trova una parziale conferma nei cosiddetti studi di deplezione (eliminazione di una molecola o di un suo precursore), in cui è stato osservato che:

1) la riduzione del contenuto di 5HT cerebrale ottenuta mediante un’alimentazione priva di triptofano produce sintomi depressivi in pazienti con storia pregressa di depressione, ma non in volontari sani, e annulla inoltre la risposta antidepressiva a farmaci che potenziano il sistema serotoninergico.

2) la deplezione di NA a seguito del trattamento con alfa-metil-p-tirosina, inibitore della tirosina idrossilasi, annulla la risposta terapeutica alla desmetilimipramina, farmaco che potenzia la trasmissione noradrenergica.

Nell’ambito dell’ipotesi aminergica della depressione, il disturbo dell’umore sarebbe causato da una carenza di neurotrasmettitori a livello sinaptico, in particolare per quanto riguarda un deficit di:

Ø  serotonina (5HT)
Ø  noradrenalina (NA)
Ø  dopamina (DA)

In tale ottica i sintomi della depressione possono essere migliorati da un recupero della funzionalità sinaptica, attraverso l’impiego di farmaci antidepressivi (AD).



EVIDENZE FARMACOLOGICHE

La tabella (vedi sotto) elenca i principali farmaci che influenzano il metabolismo delle monoamine e mette a confronto il loro effetto presunto sul tono dell’umore con l’effetto osservato. In generale i dati sembrano ragionevolmente in accordo con la teoria monoaminergica;
Un farmaco che rilascia le monoamine dalle terminazioni nervose in condizioni normali può essere inefficace nel caso in cui le terminazioni siano funzionalmente carenti. L’assenza di un azione antidepressiva a carico dell’amfetamina è pertanto un evidenza non particolarmente convincente a sfavore della teoria monoaminergica.

Da un punto di vista clinico, sembra che gli inibitori del reuptake della noradrenlina e della serotonina  mostrino la stessa efficacia antidepressiva nonostante i singoli pazienti possano rispondere meglio ad una categoria piuttosto che l’altra.
Più difficile da conciliare con la teoria monoaminergica è il fatto che le azioni biochimiche dei farmaci antidepressivi appaiono molto rapidamente, mentre i loro effetti antidepressivi appaiono solo do 2 o 4 settimane dall’inizio della terapia.

Evidenze farmacologiche a sostegno della teoria monoaminergica della depressione
Farmaco
Effetto principale
Effetto nei pazienti depressi
Antidepressivi triciclici (TCA)
Bloccano la captazione di NA e 5-HT
Alza umore
Inibitori delle MAO
Aumentano l’accumulo di NA e di 5-HT
Alza umore
Reserpina
Inibisce l’accumulo di NA e di 5-HT
Deprime umore
a-Metiltirosina
Inibisce la sintesi di NA
Deprime umore (calma il soggetto maniacale)
Metildopa
Inibisce la sintesi di NA
Deprime umore
Terapia elettroconvulsiva
Aumenta le risposte del SNC a NA e a 5-HT
Alza umore
Triptofano (5-idrossitriptofano)
Aumenta la sintesi di 5-HT
Può alzare l’umore
MAO: monoaminossidasi; NA: Noradrenalina; 5-HT: 5-idrossitriptamina.


STUDI BIOCHIMICI
Il modo più diretto per verificare l’ipotesi monoaminergica consiste nella ricerca di anomali biochimiche nel liquor, nel sangue o nelle urine, o nei tessuti cerebrali post-mortem, di pazienti affetti da depressione o mania.
I principali metaboliti della noradrenalina e della serotonina sono, rispettivamente, il 3-metossi-4-idrossifenilglicole (MOPE) e l’acido 5-idrossiindolacetico (5-HIAA). Questi metaboliti sono presenti nel liquor, nel sangue e nelle urine. Esistono due fondamentali problemi nel correlare le variazioni delle concentrazioni di questi metaboliti nei fluidi corporei con l’attività funzionale dei relativi trasmettitori nel cervello. Il primo è determinato dal fatto che molti fattori secondari possono influenzare la loro concentrazione, come ad esempio la dieta, il trasporto tra liquor, sangue e urine, o la liberazione delle monoamine dai siti non cerebrali. 
Il secondo è legato al fatto che molti pazienti ricevono trattamenti farmacologici che influenzano in maniera marcata le concentrazioni dei metaboliti monoaminergici.

Anche i risultati relativi alle alterazioni del 5-HT (Serotonina) sono molto variabili (Maes Meltzer 1995). Cambiamenti più consistenti sono stati riportati nelle concentrazioni plasmatiche di L-triptofano TRP, il precursore della serotonina. Sebbene nei pazienti depressi i livelli a riposo non siano significativamente diversi dai valori di controllo, l’aumento plasmatico di TRP in seguito alla sua somministrazione endovenosa od orale è ridotta.

Un'altra evidenza a favore della teoria monoaminergica deriva dall’osservazione che i bloccanti della sintesi di noradrenalina o di 5-HT inibiscono consistentemente gli effetti terapeutici dei farmaci antidepressivi ad azione selettiva su questi due sistemi neurotrasmettitoriali.
La concentrazione di cortisolo plasmatico è solitamente alta nei pazienti depressi e non si ha la tipica caduta quando viene somministrato uno steroide sintetico, come i desametasone. Questa risposta forma le basi di un test clinico, il test di soppressione da desametasone, utilizzato anche nella diagnosi della sindrome di Cushing.
Anche altri ormoni risultano alterati alle analisi, le concentrazioni dell’ormone della crescita sono ridotte e la prolattina aumentata. Queste alterazioni sono generalmente in accordo con una trasmissione  monoaminergica carente, tuttavia non sono specifiche delle sindromi depressive.


GENERALITÀ SUL MECCANISMO D’AZIONE DEI FARMACI ANTIDEPRESSIVI

o   Gli antidepressivi triciclici (TCA), agiscono inibendo la ricaptazione della noradrenalina e/o quella della 5-HT delle terminazioni nervose monoaminergiche, quindi facilitano in tal modo la trasmissione sinaptica.

o   Gli IMAO (inibitori delle monoaminossidasi), inibiscono una o entrambe le forme cerebrali delle MAO, aumentando così i depositi citosolici di noradrenalina, dopamina e 5-HT nelle terminazioni nervose. L’inibizione della MAO-A, è correlata all’attività antidepressiva. Recentemente sono stati introdotti in terapia gli inibitori selettivi delle MAO-A

o   Gli antidepressivi ATIPICI agiscono tramite vari meccanismi;

 
 Azione degli SSRI inibitori del reuptake della Serotonina
Tutti i farmaci antidepressivi impiegano circa due settimane a determinare qualsiasi effetto benefico, sebbene i loro effetti biochimici si instaurino immediatamente, suggerendo l’intervento di fenomeni adattativi secondari.

L’alterazione di tipo adattativo più importante, osservata a carico dei diversi tipi di farmaci antidepressivi, è la desensibilizzazione (down regulation) dei recettori b- e a- adrenergici, ma anche dei recettori 5-HT2. Non è ancora chiaro come questo evento sia connesso all’effetto terapeutico.








FARMACI ANTIDEPRESSIVI
Le principali classi di farmaci che vengono utilizzate nel trattamento della depressione sono:


Caratteristiche delle classi principali di antidepressivi

TCA
IMAO
Inibitori dell’uptake della 5-HT
Atipici della captazione
Esempi
Imipramina
Desipramina
Amitriptilina
Protriptilina
Clomipramina
Fenelzina
Tranilcipromina
Isocarbossazide
Moclobemide
Fluoxetina
Fluvoxamina
Paroxetina
Sertralina
Citalopram
Maprotilina
Bupropione
Mianserina
Trazodone
Venlafaxina
Durata dell’effetto
1-3 giorni
2-4 settimane (meclobemide: 12 ore)
1-3 giorni
12-24 ore
Ritardo negli effetti terapeutici
2-4 settimane
2-4 settimane
2-4 settimane
2-4 settimane (alcuni sostegno sia più veloce)
Effetto immediato sull’umore
Sedazione, disforia
Euforia
Nessuno
Variabile, solitamente leggero
Principali effetti indesiderati
Sedazione
Effetti anticolinergici
Ipotensione posturale
Convulsioni
Mania
Impotenza
Sedazione
Ipotensione posturale
Insonnia
Aumento di peso
Danno epatico (raro)
Nausea
Diarrea
Ansia e agitazione
Insonnia
Variabile
Generalmente nessun effetto anticolinergico
Ipotensione (trazodone)
Sedazione (trazodone)
Convulsioni (maprotilina, buproprione)
Rischi dovuti a sovradosaggio acuto
Alti (aritmie cardiache, convulsioni, mania) se usati scorrettamente
Moderati (convulsioni, mania)
Bassi
Variabile. Alcuni causano convulsioni o aritmie se usati scorrettamente


 DURATA DELLA TERAPIA

La terapia antidepressiva è suddivisa in quattro fasi:

I) Fase acuta o di risposta, mai immediata. Caratteristicamente occorrono alcune settimane perché sia evidente l’effetto terapeutico di un farmaco antidepressivo, che può comparire come miglioramento già dopo due settimane, per poi consolidarsi nelle settimane successive come risposta, con il ritorno del paziente alla condizione precedente a quella dell’episodio (remissione). La British Association of Psychopharmacology (BAP) p propone come limite massimo di attesa 4-6 settimane, che divengono 4-8 per l’American Psychiatric Association (APA). La risposta può essere completa, parziale o del tutto insoddisfacente. I motivi possono variare a seconda della compliance del paziente alla gravità o tipologia dell’episodio di depressione maggiore in atto.

Nei casi di mancata risposta sia parziale che totale, gli interventi proposti sono:
1. Prolungamento del trattamento, con o senza aumento della dose, col farmaco inizialmente prescritto;
2. Aggiunta di un altro farmaco antidepressivo;
3. aggiunta di Sali di litio al protocollo;
4. aggiunta di triiodotiroidina al protocollo;
5. aggiunta di intervento psicoterapeutico (cognitivo o interpersonale);
6. sostituzione del principio attivo;
7. terapia elettroconvulsiva.

II. Fase di continuazione. Durante le 16-20 settimane successive alla remissione, la terapia dovrebbe essere continuata senza variazioni di dosaggio per evitare recidive. La frequenza delle visite psichiatriche, con o senza sedute di psicoterapia, può variare da una al mese ad una o più per settimana.

III: Fase di mantenimento. Una media del 50-85% dei pazienti che hanno sofferto un episodio di depressione maggiore posso presentare almeno una recidiva. Il rischio di recidiva è massimo i primi sei mesi dalla remissione (27-50%), con una media intorno al 37-54% nel primo anno, ed è significativamente superiore nei pazienti in fase di continuazuione o mantenimento con placebo rispetto a quelli trattati con farmaci.

IV. Fase di interruzione. Da decidere in base alla valutazione degli stessi criteri utilizzati per la terapia e tenendo conto del parere del paziente. In genere, tutte le terapie di tipo farmacologico vanno sopsese gradualmente per evitare sintomi da sospensione. La lentezza della sospensione è inversamente proporzionale all’emivita plasmatica del farmaco.

LINEE GUIDA
La CANMAT Canadian Network for Mood and Anxiety Treatments 2016, ha redatto delle linee guida per la terapia della depressione maggiore nel soggetto adulto:

Antidepressivo
Meccanismo
Range Posologico
Prima linea:
    Agomelatina
    Bupropione
    Citalopram
   Desvenlafaxina
    Duloxetina
    Escitalopram
    Fluoxetina
    Fluvoxamina
     Mianserin
   Milnacipran
    Mirtazapina
     Paroxetina
     Sertralina
     Venlafaxina



agonista MT1 MT2 5-HT2
NDRI
SSRI
SNRI
SNRI
SSRI
SSRI
SSRI
a2-agonista, antagonista 5-HT2
SNRI
a2-agonista, antagonista 5-HT2
SSRI
SSRI
SNRI


25-50 mg
150-300 mg
20-40 mg
50-100 mg
60 mg
10-20 mg
20-60 mg
100-300 mg
60-120 mg
100 mg
15-45 mg
20-50 mg
50-200 mg
75-225 mg

Seconda linea:
    Amitriptilina, clomipramina, altri
    Levomilnacipran
    Moclobemide
    Quetiapina
    Selegilina (transdermica)
    Trazodone
    Vilazodone

TCA
SNRI
Inibitore reversibile delle MAO-A
Antipsicotico atipico
Inibitore MAP-B irreversibile
SRI, antagonista 5-HT2
SRI, antagonista 5-HT2

Vario
40-120 mg
300-600mg
150-300 mg
6-12 mg
150-300 mg
20-40 mg
Terza linea:
Phenelzine
Tranylcipromina
Reboxetina

I-MAO

NRI

45-90 mg
20-60 mg
8-10 mg
Legenda:
5- HT serotonina
MAO monoaminoossidasi
MT melatonina
NDRI inibitore del reuptake della noradrenalina e dopamina
SNRI inibitore del reuptake della serotonina e noradrenalina
SSRI inibitore selettivo del reuptake della serotonina
TCA antidepressivo triciclico



Gli antidepressivi attualmente disponibili non costituiscono una classe terapeutica omogenea. Sebbene caratterizzati da una sostanziale equivalenza per quel che riguarda l’efficacia antidepressiva, i vari farmaci si differenziano nel profilo di tollerabilità e di sicurezza e nel potenziale di interazioni con altri farmaci.
Rispetto ai composti di prima generazione, TCA ed IMAO, i nuovi antidepressivi presentano un più favorevole profilo di tollerabilità e sicurezza. Per tale motivo, alcuni antidepressivi di seconda generazione, in particolare gli SSRI, che sono le molecole più prescritte e più conosciute, sono ritenuti i farmaci di prima scelta nel trattamento della depressione dalle più autorevoli linee guida internazionali.

Differenze cliniche, seppur più sfumate, sono state evidenziate anche tara le varie classi di antidepressivi di seconda generazione. Ancora una volta, le principali differenze riguardano per lo più il profilo degli effetti indesiderati.

Anche all’interno di una stessa classe vi sono differenze nel profilo farmacologico delle varie molecole che potrebbero contribuire a spiegare la diversità nella risposta clinica di uno stesso paziente ai diversi farmaci di quella classe. Ad esempio, i farmaci appartenenti alla categoria degli SSRI presentano importanti differenze nel grado di inibizione degli isoenzimi del citocromo P450, quindi, nella capacità di dar luogo ad interazioni farmacologiche clinicamente rilevanti Questa informazione può aiutare il clinico a scegliere il composto più idoneo in caso di pazienti anziani, con patologie concomitanti e trattati con più farmaci.


In assenza di strumenti che consentano di prevedere la risposta individuale ad uno specifico antidepressivo, la scelta del farmaco da prescrivere a pazienti affetti da depressione deve essere basata sul rapporto rischio-beneficio, sul costo di acquisizione e deve tener conto delle caratteristiche di ciascun paziente Per quel che riguarda il costo di acquisizione, ad eccezione delle molecole di più recente commercializzazione, la maggior parte degli antidepressivi sono oggi disponibili come formulazioni generiche a più basso prezzo.

Bibliografia consultata e letture consigliate

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Pedro L. Delgado, MD “Depression: The Case for a Monoamine Deficiency”, J Clin Psychiatry 2000;61(suppl 6):7-11

Frazer A ”Pharmacology of antidepressant”, J Clin Psycopharmacology 17:2S-18S (Good General review)

Maes m, Meltzer H Y 1995 “the serotonin hypothesis of major depression” Bloom F E, Kupfer D J Psychopharmacology: the ourth generation of progress. Raven Press, New York

Schatzberg A F, Schildkraut J J “Recent studies on noreprinephrine system s in mood disorders”, Bloom F E, Kupfer D J Psychopharmacology: the fourth generation of progress. Raven Press, New York 

Tahl S M, Palazidou L 1986 The pharmacology of depression: studies of neurotrasmitters receptors lead the search for biochemical lesions and new drug therapies: Trends Pharmacol Sci 7:349-354

Rang, Dale, Ritter “Farmacologia” Casa Editrice Ambrosiana

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Kennedy SH, Lam RW, McIntyre RS, Tourjman SV, Bhat V, Blier P, Hasnain M, Jollant F, Levitt AJ, MacQueen GM, McInerney SJ, McIntosh D, Milev RV, Müller DJ, Parikh SV, Pearson NL, Ravindran AV, Uher R; CANMAT Depression Work Group “Canadian Network for Mood and Anxiety Treatments (CANMAT) 2016 Clinical Guidelines for the Management of Adults with Major Depressive Disorder: Section 3. Pharmacological Treatments”. J Psychiatry. 2016 Sep;61(9):540-60. doi: 10.1177/0706743716659417. Epub 2016 Aug 2.


Charney DS. "Monoamine dysfunction and the pathophysiology and treatment of depression" J Clin Psychiatry 1998; 59 (Suppl 14):11-14

Bymaster FP et al., "Comparative affinity od duloxetine and venlafaxine for serotionine and norepinephrine transporters in vitro and in vivo, human serotonin receptor subtypes, and other neuronal receptors." Neuropsychopharmacology 2001;25: 871-880


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