DALLA TUTELA DELL'AMBIENTE ALLA TUTELA DELLA SALUTE


Dott. Agostino DI CIAULA
Dott. Agostino Di Ciaula, Medico Internista presso l'Ospedale di Bisceglie (Asl BAT), ricercatore e membro di ISDE “International Society of Doctors for Environment”, una società scientifica internazionale da anni impegnata nello studio dei rapporti tra ambiente e salute umana e nell’affermazione dell’importanza della prevenzione primaria.

Durante questa intervista abbiamo avuto modo di approfondire e capire meglio quali sono le fonti di inquinamento che più incidono sulla salute dei cittadini e, quali possono essere le modalità per ridurre l’incidenza di queste patologie al fine di migliorare la salute dei cittadini e ridurre le spese per il Servizio Sanitario Nazionale.



Quanto è importante oggi la prevenzione primaria e chi sono i protagonisti nello scenario attuale, sia amministrativo che medico, che possono favorirla?
È assolutamente importante oggi parlare di prevenzione primaria non soltanto tenendo in considerazione la patologia oncologica, che si presenta come la punta dell’iceberg di numerose malattie che derivano dall’inquinamento. Il nostro Sistema Sanitario è fondato per legge su tre pilastri, Prevenzione, Diagnosi e Cura, ma è di fatto completamente sbilanciato sulle ultime due, con pesanti conseguenze sanitarie ed economiche. Prevenzione primaria significa rimozione delle cause note di danni fisici e biologici al nostro organismo, ed è solo in parte compito dei medici, che possono al massimo svolgere un ruolo di sostegno informativo e decisionale basato sulle evidenze scientifiche. La prevenzione primaria è uno dei compiti della pubblica amministrazione, che dovrebbe rispettare il principio OMS della “salute in tutte le politiche” e rivedere alcune leggi sulla tutela dell’ambiente e sulla sicurezza dei cittadini. Il database “Health for All” (Fonte ISTAT) e alcuni studi epidemiologici, mostrano chiaramente che nella nostra regione, in alcuni punti di certificata criticità ambientale come l’area industriale di Brindisi e Taranto, sono contemporaneamente presenti numerosi problemi sanitari che interessano tutte le fasce di età e che comportano, anche in età pediatrica, un aumentato rischio di mortalità entro il primo anno di vita, un aumento di malformazioni congenite ed un’aumentata frequenza di malattie non oncologiche e di tumori maligni, superiore alla media nazionale e regionale.


Cerchiamo di capire come mai si è avuto un incremento delle patologie in età pediatrica.
Gli studi sull'epigenetica e i meccanismi di trasmissione trans-generazionale del rischio lo hanno documentato chiaramente. Una donna in gravidanza che vive in un’area ad elevato rischio ambientale sarà esposta ad una serie di inquinanti che, oltre a metterla direttamente a rischio sanitario, sono in grado di attraversare la barriera placentare e di determinare conseguenze biologiche negative sul feto, che si manifestano con alterazioni dell’espressione genica (nonostante il genoma resti integro) e con una vera e propria “programmazione fetale” di malattie che compariranno in età pediatrica, adolescenziale o adulta. Oltre a questo, è risaputo che l’età pediatrica, per motivi fisiologici, è tra quelle maggiormente suscettibili ai danni da esposizione ambientale a tossici e che il carico globale di inquinanti è in progressiva crescita.


Queste modificazioni epigenetiche causate da inquinanti, potrebbero avere ripercussioni anche sulle generazioni future? In particolare a quale tipo di patologie potrebbero essere esposti i figli di questa generazione?
Se gli inquinanti colpiscono le cellule germinali del feto, quindi le cellule che diventeranno ovociti e spermatozoi, il rischio potrebbe trasmettersi anche alla seconda generazione, soprattutto in termini di malattie croniche endocrino-metaboliche e neurologiche. Nel caso di specifici inquinanti, come alcuni pesticidi (ma non solo quelli), il rischio transgenerazionale comprende anche il cancro infantile. Gli ultimi dati dell’osservatorio epidemiologico regionale ci dicono che, tra il 2006 e il 2011, in Puglia sono aumentati del 35% i ricoveri in età pediatrica per malattie metaboliche e per problemi di natura neurologica. Questo aumento così vistoso in un periodo relativamente breve, non è spiegabile con alterazioni di tipo genetico (che, a livello di popolazione generale, richiedono tempi enormemente più lunghi), né con alterazioni relative alle abitudini personali (stile di vita), che nella nostra regione sono relativamente stabili.
È invece verosimile che trovino spiegazione, come è documentato da numerose evidenze scientifiche, in alterazioni dell’ambiente di vita, soprattutto in termini di incremento dell’esposizione a sostanze inquinanti. Una relazione tra inquinamento ambientale e salute è stata da me recentemente dimostrata per gli aborti spontanei e persino per una malattia come il diabete tipo 1 (quello insulino-dipendente dei bambini), il cui rischio mai, sino a non più di una decina di anni fa, si sarebbe immaginato in relazione con specifiche sostanze chimiche presenti nell’ambiente.
Sostanze tossiche ampiamente diffuse che assumiamo con gli alimenti, come gli interferenti endocrini e i pesticidi, sono responsabili di numerosissime patologie cronico-degenerative che frequentemente iniziano già in età pediatrica e che comportano enormi spese sanitarie.

C'è un monitoraggio su queste malattie con i registri di patologia?
I registri di patologia, lì dove esistono e sono efficienti (e non lo sono ovunque e per tutte le patologie), ci mostrano dati epidemiologici con ritardi considerevoli (in media 2-4 anni dalla registrazione). Sono utili a monitorare nel tempo l’andamento di alcune patologie ma non ad intervenire tempestivamente in aree di criticità ambientale. Ritardo nella conoscenza dei dati epidemiologici da cause ambientali significa inaccettabile persistenza del danno, con morti e malati altrimenti evitabili con operazioni di risanamento e di prevenzione primaria. Ai fini della prevenzione primaria sarebbe molto più utile passare dal concetto di misurazione dei danni (epidemiologia descrittiva) a quello di valutazione dei rischi (epidemiologia predittiva), basato sulle evidenze scientifiche già disponibili. Dovremmo fare tesoro di quello che l’epidemologia e la scienza ci hanno già insegnato. Se già sappiamo che l'aumento delle concentrazioni di specifici inquinanti del suolo, dell’acqua o dell’aria, è responsabile dell'aumento di incidenza di specifiche patologie, che vivere vicino ad una discarica di rifiuti causa tumori o che le concentrazioni atmosferiche di particolato aumentano il rischio di aborti spontanei, non ha senso continuare a contare malattie e morti in aree a rischio noto mentre, invece, sarebbe eticamente opportuno ridimensionare il rischio esistente, evitando l’insorgenza di nuovi casi. A parte questo, dobbiamo comunque evidenziare che ci sono seri problemi di accesso ai dati epidemiologici. In particolare, sul registro tumori la situazione italiana è a macchia di leopardo, in quanto non c'è una legge che obbliga le regioni a ad avene uno. Tra quelle regioni che lo adottano, non sempre lo utilizzano o lo fanno funzionare in maniera adeguata. Stesso discorso vale per i dati che dovrebbero essere messi a disposizione dalle ASL. Questi ritardi sarebbero almeno in parte evitabili e l’accesso alle informazioni sanitarie sarebbe reso più agevole e utile qualora fossero sistematizzate e ottimizzate le procedure di informatizzazione dei flussi sanitari, in gran parte già esistenti ma non coordinate, spesso non trasparenti e, soprattutto, non orientate all’open access. Se questo avvenisse potremmo in tempo quasi reale individuare patologie indice da inquinamento (soprattutto quelle che si manifestano nel breve termine, come infarti, problemi respiratori, patologie perinatali) che, se misurate in tempo utile, possono aiutare ad identificare precocemente criticità locali consentendo misure di prevenzione primaria.

Quanto inciderebbe la prevenzione primaria sia sulla riduzione dell'insorgenza di patologie correlate all'inquinamento, che sulla riduzione della spesa del Servizio Sanitario Nazionale?
Moltissimo! La nostra spesa sanitaria è progressivamente in crescita. Il problema è l’approccio sbagliato. Si continua a rincorrere l'assistenza a danno ormai conclamato e questo da un lato è giusto, ma d'altro canto non facciamo nulla per capire che cosa alimenta quel danno e come ridimensionarlo.
Secondo gli ultimi dati a nostra disposizione l'incidenza e la prevalenza del cancro sono in aumento: metà degli uomini e un terzo delle donne avranno un tumore nel corso della loro vita. Oggi il cancro, si cura meglio, l'aspettativa di vita è aumentata ma non si riesce a ridurre l'incidenza di questa malattia. Discorso simile, ma con implicazioni economiche maggiori, per le patologie croniche disabilitanti. Questo perchè non si eliminano i fattori di rischio come gli inquinanti atmosferici prodotti da inceneritori e da altri grandi impianti di combustione, l'utilizzo di pesticidi come il glifosato, di cui oggi si sta dibattendo molto a livello europeo e numerose altre sostanze tossiche che, a partire dal concepimento, inaliamo e ingeriamo ogni giorno della nostra vita.
Basterebbe applicare le buone pratiche della prevenzione primaria, del buon senso e della pianificazione di modelli di sviluppo sostenibile, per coniugare possibilità occupazionali e di sviluppo economico al miglioramento della qualità dell'ambiente e, di conseguenza, della salute di tutti.

a cura di 

Dr. Claudio Pio CLEMENTE




Bibliografia consigliata:

1. Di Ciaula A: Possibili insegnamenti dagli studi epidemiologici nell'area di Taranto. Il Cesalpino  2015, 40:11-13.
2Gianicolo EA, Mangia C, Cervino M, Bruni A, Andreassi MG, Latini G: Congenital anomalies among live births in a high environmental risk area--a case-control study in Brindisi (southern Italy). Environmental research 2014, 128:9-14.
3Iavarone I, Pirastu R, Minelli G, Comba P: Children's health in Italian pollutes sites. Epidemiologia e prevenzione 2013, 37(1):255-260.
4Bailey HD, Fritschi L, Infante-Rivard C, Glass DC, Miligi L, Dockerty JD, Lightfoot T, Clavel J,       Roman E, Spector LG et al: Parental occupational pesticide exposure and the risk of childhood leukemia in the offspring: findings from the childhood leukemia international consortium. Int J  Cancer 2014, 135(9):2157-2172.
5Di Ciaula A, Bilancia M: Relationships between mild PM10 and ozone urban air levels and spontaneous abortion: clues for primary prevention. International journal of environmental health research 2015:1-16.
6Di Ciaula A: Type I diabetes in paediatric age in Apulia (Italy): Incidence and associations with outdoor air pollutants. Diabetes research and clinical practice 2016, 111:36-43.
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9Di Ciaula A: Increased deaths from gastric cancer in communities living close to waste landfills.  International journal of environmental health research 2016, 26(3):281-290.
10Di Ciaula A, Zambon P: Open access dei dati sanitari e possibilità di prevenzione primaria. In  Arezzo: ISDE; 2016

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